PUR APPARTENENDO ALLA STESSA FAMIGLIA, SI DIFFERENZIANO SOTTO MOLTI ASPETTI. E SI DEVONO RISPETTARE NEL RICONOSCERLI E NEL TRATTARLI
Si tratta di prodotti che hanno in comune il fatto di essere tutti fabbricati con una base di argilla e con un contenuto più o meno elevato di sabbia nel corso dei secoli vi sono stati miglioramenti, ma sostanzialmente nel tempo la fabbricazione è rimasta la stessa: gli impasti argillosi – con diverse composizioni di terre e sabbie, secondo il materiale che si vuole ottenere – dopo un adeguato periodo
di essiccazione viene cotto in forni con temperature comprese tra gli 980° e i 1020° C.
I prodotti ceramici cambiano di nome, di caratteristiche e di durata secondo l’origine delle argille da cui sono costituiti, in funzione del tipo fusione impiegato nella loro fabbricazione e della temperatura di cottura.
Una delle caratteristiche è il diverso assorbimento, che dipende dalla porosità, cioè dal grado più o meno numeroso delle parti vuote presenti nel materiale, collegate tra di loro.
- Molto assorbenti: gres effetto cotto fatto a mano, cotto spagnolo;
- Poco assorbenti: terrecotte industriali, cotto toscano, klinker;
- Molto poco assorbenti: grès, grès porcellanato, klinker
I DIFFERENTI COMPONENTI DEI PRODOTTI CERAMICI
Le argille (materie prime) sono estratte dal suolo e si trovano in abbondanza nei terreni sedimentari. Si distinguono in: argille calcaree o argille grasse; argille ricche di mica e quarzo; caolino, argilla bianca molto pura, con il quale si fabbricano unicamente le porcellane.
LE TERRECOTTE
Possono essere grezze o verniciate in superficie, si presentano sotto forma di piastrelle impiegate come rivestimenti dei pavimenti. Elaborate a partire dall’argilla rossa (cioè argille dette “calcari”; marne o argille “grasse”), sono cotte a temperature comprese tra 900 e 1000 °C; sono porose e sensibili al gelo, si macchiano e si spezzano facilmente. Le terrecotte smaltate sono cotte a temperature più elevate (da 1000 a 1100 °C), fallo che le rendono meno porose, più resistenti agli choc come l’abrasione.
TRATTARE O NON TRATTARE
Per stabilire se trattare o meno un pavimento è necessario fare varie considerazioni. Occorre infatti valutare le caratteristiche dei materiali, sia intrinseche (porosità, permeabilità), sia estrinseche (degrado, danni dovuti ad agenti chimici o inquinanti, macchie, stonalizzazioni, bassa resistenza) e soprattutto l’opportunità offerta dal trattamento per migliorare l’aspetto esteriore e la protezione antimacchia, favorire la praticità e la manutenzione della superficie.
Caratteristica peculiare di un buon trattamento deve essere quindi quella di conservare il pavimento bello nel tempo e contemporaneamente facile da pulire. In linea generale possiamo distinguere due tipi di trattamento: con impregnanti (resine, oli, derivati dal silicone) che, penetrando in profondità, oltre a
- impermeabilizzare e a dare l'antimacchia, resistono meglio al calpestio e alle abrasioni. Questi, a seconda della loro imbibizione, permettono di realizzare trattamenti cosiddetti "effetto bagnato" e/o effetto anticato".
- con pellicolanti (vernici, lacche, cere base acquosa, cere in pasta, cristallizzanti) che privilegiano la praticità e la facilità di manutenzione. Questi prodotti, che rimangono sulle superfici, non cambiano la tonalità del manufatto e realizzano trattamenti "effetto naturale".
OLTRE ALLE TERRECOTTE
Quando parliamo di trattamento viene subito in mente il “cotto” e non si pensa che, accanto a questo tipo di materiale, c’è tutta una serie di prodotti edili che spazia dai laterizi alle terrecotte (klinker, monocotture) dai materiali a pasta compatta (grès cotto, grès porcellanato). Questi materiali a pasta compatta hanno a loro volta diverse classificazioni relative ai diversi impieghi, le
cotture tra i 900-1000 °C (terrecotte vetrificate) si utilizzano principalmente per pavimentazioni interne, le cotture tra i 1200-1280 °C (klinker, litocermiche) sono per pavimenti e pavimentazioni esterne. L’evoluzione delle tecnologie di fabbricazione ha portato a un più ampio impiego anche nelle pavimentazioni per interni di questi prodotti: il grès fine porcellanato, nella versione levigata o normale e il klinker. Alta resistenza al traffico, elevata durezza (8 nella scala Mohs), resistenza agli agenti chimici, proprietà antigeliva, bassi valori di assorbimento e strutture a tutto corpo sono caratteristiche che ne hanno determinato un relativamente largo impiego non solo nei luoghi pubblici (aree commerciali, scuole, ospedali eccetera), ma anche in abitazioni private, soprattutto per bagni e cucine.
COME TRATTARLO
I grès possono essere sottoposti a levigatura sia industrialmente, sia in opera ottenendo in questo modo il “levigato”, dotato di una particolare lucentezza a specchio. Con le operazioni di levigatura si verificano però delle variazioni delle caratteristiche tecniche del materiale, che si discosta, ad esempio, per durezza e assorbimento d’acqua percentuale, dal tipo normale e quindi le operazioni di manutenzione sono diverse dal grès porcellanato “non levigato”, a esclusione del lavaggio di base.
La diversificazione delle problematiche di protezione e manutenzione del grès porcellanato può essere correttamente espressa con questa frase esplicativa: “il grès porcellanato si sporca, il grès porcellanato levigato si macchia”.
Infatti, il grés porcellanato normale, a causa della sua superficie grezza e impermeabile, non assorbe lo sporco ma tenderà a trattenerlo per effetto dell’attrito delle suole delle scarpe, mentre il tipo levigato, con la sua superficie liscia e lucida, non tratterrà lo sporco, ma potrà venire macchiato dallo sporco in grado di penetrare nelle microporosità aperte dall’operazione di levigatura.
Per concludere, il grés porcellanato, normale e levigato, è definibile “a tutto corpo” poiché normalmente privo di smalti di copertura, durissimo, compatto, con assorbimento idrico molto basso. La sua conformazione superficiale mostra una ridotta possibilità da parte dello sporco di p¬netrare e di agganciarsi cosicché i prodotti di pulizia e di igienizzazione possono esprimere su di esso la massima azione pulente.
Spesso si tende a considerare le terrecotte come sensibili a difficoltà gestionali e a manifestazioni di degrado.
Così sarà facile che il cliente, non assistito o non informato, sia poco motivato alla buona considerazione o all’acquisto di questi materiali, ancorché per natura propria ben adatti per l’uso nell’edilizia ecosostenibile.
In aiuto agli stessi viene però la sperimentazione scientifica interdisciplinare, nel nostro caso la chimica e le tecnologie applicate, attraverso la realizzazione di sostanze, preparati e tecnologie sempre più adeguati alla loro prestazione non più solo di superficie o estetica ma attiva nella microstruttura dei materiali ceramici in parola. Questi nuovi mezzi, rispettosi della naturalità dei materiali in cui agiscono e in particolare della loro rigenerabilità, traspirazione, facilità conservativa, durabilità, forniscono agli stessi quel “plus tecnologico” che consente di mantenere o finanche esaltare la propria originaria biocompatibilità e di rintuzzare gli attacchi della globalizzazione.
L’azione si deve sviluppare allo scopo in due direttrici:
- studio sperimentale per la realizzazione di mezzi (preparati e tecnologie) per la pulizia e la protezione microstrutturale dei materiali assorbenti, ceramici e lapidei in genere;
- informazione puntuale per la corretta posa in opera e la conservazione degli stessi materiali così trattati o protetti.
Il primo impegno, tutt’altro che concluso nel senso che il progresso dello studio e della scienza può originare ulteriori miglioramenti, si indirizza alla realizzazione di tecnologie e di preparati chimici che da soli o in combinazione tecnologica elevano notevolmente il livello di gestibilità dei materiali ceramici, nel rispetto della loro specifica natura e caratterizzazione originaria.
In particolare i preparati per la pulizia contengono principi attivi a specifica ed energica funzionalità per le diverse operazioni a cui sono destinati e inoltre non degradativi verso le sostanze minerali che compongono le ceramiche e le terrecotte in parola.
Ma la maggiore area di studio e di innovazione si attua nei, e attraverso, i preparati di prestazione con principi attivi microdispersi. Questi contengono silossani oligomeri a struttura molecolare selezionata e funzionalizzati, policondensati a base fluorurata, copolimeri ad alta reticolazione, sostanze e sinergici specifici per la prestazione dichiarata.
Vengono poi applicati con tecniche ben definite sia in cantiere che, di gran lunga più risolutivamente, in maniera preventiva nel ciclo della relativa fabbricazione industriale. A documentazione ci sono tre casi che possono testimoniare come i detti preparati e le relative tecnologie applicative siano versatili e facilmente utilizzabili.
Anche se i preparati usati, sottoforma di dispersioni o microemulsioni, sono costantemente migliorabili e indagati nella loro interazione con i materiali in cui si collocano, gli esempi che illustriamo hanno la conferma di anni di utilizzo sul mercato, cioè in quell’inappellabile laboratorio di controllo e avallo che regola il successo tecnico e commerciale dei materiali da rivestimento in parola e soprattutto la loro validità e utilizzabilità nel tempo, a seguito delle nuove prestazioni realizzate nei medesimi.
GRES PORCELLANATO
Se è vero che l’intervento assoluto o il materiale perfetto non possono esistere è altrettanto vero che il livello della conservazione, della rigenerazione, della durabilità e ecocompatibilità di qualsiasi materiale può e deve essere migliorato.
È su questo versante che oltretutto può essere sostenuta la battaglia della globalizzazione del mercato nei materiali ceramici; non solo con il prezzo ma con la tecnologia, sopratutto nel mercato del gres porcellanato.
Questo pur splendido materiale ceramico da rivestimento, nonostante ogni tentativo di
miglioramento tecnologico della sua conservabilità, presenta ancora problemi legati alla sua pulibilità e conservazione.
Nel nostro esempio si trascura il gres porcellanato vetrificato o smaltato
- Gres porcellanato grezzo.
Pulizia.
È inutile fare qui la digressione sul chimismo dello sporco e sul suo ancoraggio al materiale. È intuitivo che le sostanze degradanti sono tante e altrettante le situazioni che ne permettono la permanenza sulla superficie scabra seppur poco assorbente del gres porcellanato grezzo.
Per la sua pulizia è necessario quindi dotarsi di attrezzature ma sopratutto di prodotti detergenti che tengano conto del la complessità dello sporco stesso e cioè che siano specificatamente attivi, oltrechè a basso impatto ecotossico.
Protezione.
Il gres porcellanato grezzo necessita solo di pulizia periodica appropriata! Anche se sono possibili interventi oculati di trattamento per migliorare la sua pulibilità e il suo aspetto, ciò non darà mai alcuna garanzia assoluta né escluderà la necessità di interventi di rigenerazione periodici;
- Gres Porcellanato lucidato.
Considerata accattivante dal punto di vista estetico, questa variante del gres porcellanato dal punto di vista tecnologico e dei principi della bioedilizia è la meno adeguata.
Il processo di calibratura e lucidatura è distruttivo e irreversibile: elimina infatti la parte superficiale più greificata e compatta del materiale cotto, ne apre la microporosità
superficiale consentendo più facile penetrazione e quindi difficile rimozione delle sostanze macchianti (es. boiacche colorate), ha una durata effimera del suo aspetto lucido soprattutto in ambienti trafficati, necessita di laboriosa manutenzione corrente.
Se è nostro dovere di tecnici denunziare il limite di un materiale è parimenti nostro compito adoperarsi per la sua protezione e il miglioramento della sua gestione, così da fornire allo stesso quella validità che, se in difetto, il mercato comunque poi scoprirebbe e inesorabilmente punirebbe.
A prescindere dai problemi di ripulibilità quotidiana, ci preme qui segnalare la tecnologia di protezione che può ridurre il degrado profondo, sia iniziale durante la posa in opera che in seguito durante la gestione in uso, derivante dall’aumento dell’assorbimento e della macchiabilità che il processo di lucidatura provoca al gres porcellanato così rifinito.
I preparati protettivi, composti da microemulsioni disperse nel solvente/acqua, sono capaci di penetrare nella microporosità superficiale aperta, sono inerti, incolori e rinnovabili, sono facilmente applicabili sia in cantiere che, meglio, al termine del processo della lucidatura.
Questi preparati riducono, riempiendone le cavità, tale microporosità e di conseguenza diminuiscono la macchiabilità, riducendo la penetrazione dell’acqua e delle sostanze degradanti, facilitandone così la successiva asportazione sia con detergenti usuali che talvolta con detergenti complessi specifici. Tale protezione è rinnovabile, nella normale gestione di uso, con interventi di manutenzione informata e appropriata.
Questa tecnica appartiene alla categoria delle micro e nanotecnologie
COTTO E TERRECOTTE A MEDIO-ALTO ASSORBIMENTO (2-3% < E < 10%)
Per il gres porcellanato, data la sua notevole quota di mercato e la sua appetibilità nel mercato globalizzato, è auspicabile che si riesca a sollecitare un sempre maggior interesse verso l’impegno innovativo nelle micro e nanotecnologie al fine di qualificarne meglio la relativa protezione senza che perda l’originalità di ceramico “a tutta massa”.
Per le altre categorie di terrecotte, dal klinker fino al cotto a medio alto assorbimento, questo auspicio seppur più giustificabile tecnicamente deve superare l’ostacolo derivante dall’infima quota di mercato oggi ad esse riserbato; anche se è mia profonda convinzione che il disinteresse al maggior impegno tecnologico-scientifico per la loro innovazione e salvaguardia è la causa primaria del loro mercato asfittico e privo di prospettive.
La proposta, già convalidata da anni di lavoro e di presenza sul mercato, per questi materiali si concretizza oltre che nel trattamento conservativo in opera sopratutto nella tecnologia del pretrattamento industriale prima della vendita.
Questo si basa prima di tutto sulla riduzione del grado di assorbimento originario, così da eliminare gli effetti degradativi della penetrazione dell’acqua attraverso la loro alta microporosità specifica, e poi sull’eventuale finitura sacrificale e rigenerabile del materiale protetto; il tutto per mezzo di preparati e tecnologie appropriati.
Relativamente alle nuove tecnologie della prefinitura per il cotto, artigianale e industriale, ci viene in aiuto la testimonianza del legno ed in particolare del parquet: in poco più di 10 anni la quota di vendita del prefinito è salita a circa il 60% di tutto il materiale venduto. A seguito di questa tecnica il legno, trai materiali ecocompatibili per natura, da vari anni sta registrando livelli sensibili di crescita sul mercato; a fronte dell’avvilente involuzione subita dal cotto e dalle terrecotte ad alto assorbimento.
E dire che a questi ultimi materiali millenari si aprirebbero nuove frontiere di utilizzo (ad esempio le facciate e le pareti ventilate) e si stanno riaprendo quelle consuete del rivestimento e della pavimentazione, per merito del richiamo e dell’avallo proveniente dalla bioedilizia e dai suoi principi più veri.
PIASTRELLE, MATTONCINI, TEGOLE AD ASSORBIMENTO ALTO (E> 10%)
Già da alcuni anni sia i mattoncini di terracotta che le tegole in laterizio vengono trattati per “impregnazione” con siliconati reattivi o alcalini.
Questi preparati, molto spesso sono costituiti da una sola sostanza chimica siliconica, venduta a vane concentrazioni in acqua, e hanno il vantaggio del basso costo e quindi dell’incidenza economica accettabile; dal punto di vista scientifico tra i composti che la vasta chimica del silicio ci mette a disposizione questi sono i meno indicati o “appropriati” allo scopo.
In laboratorio, come in cantiere, vengono messi in evidenza i fenomeni evolutivi celeri che tali sostanze all’atto pratico arginano malamente: cambiamento di colore – efflorescenze marcate – sfogliature degradanti.
L’utilizzo dei suddetti silicati o dei siliconati per conferire “idrorepellenza” è limitata nel tempo, per di più molto sensibile e degenerabile a contatto con l’umidità alcalina originata dalla malta di posa.
Essi inoltre manifestano idrorepellenza disomogenea o molto marcata (impermeabilizzano) e non consentono
sufficiente permeazione dell’aria attraverso di essi, cosicché provocano sfaldature nell’interfaccia tra la zona idrofoba e quella idrofila, dove si accumulano i sali provenienti dal sistema calcareo presente.
Questi fenomeni di degrado successivo anche al trattamento protettivo effettuato, mettono in evidenza insieme alla necessità generica di proteggere la terracotta, quella di utilizzare formulati a base di principi attivi siliconici selezionati, coadiuvati e sinergizzati da altre sostanze che ne facilitino la penetrazione omogenea nelle cavità e l’aggancio chimico e/o chimico-fisico ai componenti minerali delle terrecotte in cui sono inseriti.
Se ne conclude che anche a questi materiali edili elementari e a basso costo, se vogliamo fornir loro prestazioni di durata e di conservazione non solo apparenti o caduche, è necessario e doveroso dedicare ricerca industriale e applicata con passione e dedizione specifiche e preparati adatti alla prestazione durevole seppur accettabile economicamente.
Per ragioni di forza maggiore in questa pubblicazione è stato solo accennato al notevole e articolato lavoro scientifico-tecnologico in atto per la salvaguardia tecnica e marketing dei materiali ceramici a tutta massa e tradizionali: è questo l’impegno della ricerca applicata e industriale per la conservazione dei materiali assorbenti.
Con ciò sperando di sensibilizzare sia all’impegno diffuso nella specifica ricerca, anche di base, come pure all’importanza dell’informazione su queste nuove opportunità tecnologiche verso tutte le maestranze che operano nell’ampio mondo dell’edilizia sia a nuovo che di recupero, con l’obiettivo della conservazione di un patrimonio che non è soltanto estetica ma sopratutto banco di prova per un progresso che ha varie sfaccettature: argine alla globalizzazione di materiali scadenti – ecocompatibilità effettiva – bioedilizia nelle sue definizioni o normalizzazioni.
In definitiva, la biocompatibilità e l’ecologia sono principi tecnici ed etici i quali non sempre possono essere addomesticati dalle leggi della moda e del mercato o del business celere e a basso costo. Certamente rimane a tutti più facile comprendere e indirizzare l’impegno nella propria attività imprenditoriale sopratutto sul versante pubblicitario e finanziario; ciò però non deve far dimenticare che se vogliamo resistere alla globalizzazione selvaggia e soddisfare l’ecologia ambientale è necessario maggior sforzo intellettuale nel creare nuove tecnologie e trasferirne la relativa conoscenza. Così potremo fornire al mercato non solo prodotti ceramici immaginifici ma nuovi e più impegnativi approcci scientifici ad essi, insieme ad una più diffusa e durevole cultura per il loro utilizzo e la loro conservazione, che oltretutto produce più recupero economico e ecologico. Perché l’ecologia prima di essere una scienza è un modo di vivere, prima di essere il mondo attorno a noi è il mondo dentro di noi.